Oggi
è la giornata mondiale dell’autismo.
L’autismo
è un disturbo pervasivo dello sviluppo, che appare evidente intorno al terzo
anno di vita del bambino. La parola autismo deriva dal greco “autòs” che
significa se stesso e che fa immediatamente capire la caratteristica primaria
della sindrome. Non bisogna generalizzare troppo perché molti ragazzi,
soprattutto se seguiti fin da subito, riescono ad acquisire un buon linguaggio
e discrete abilità sociali.
Certamente
comunque uno dei dati più evidenti è la difficoltà nella comunicazione e
nell’interazione con gli altri. Spesso questi bambini non utilizzano il
linguaggio del corpo, neppure con la madre rifiutando il contatto e
l’abbraccio, dimostrando invece frequentemente, una certa aggressività e
comportamenti ripetitivi.
Quando
ho cominciato il mio lavoro d’insegnante tanti anni fa, ho avuto modo di
lavorare per un intero anno, presso un istituto specializzato solo nella cura
dei bambini autistici. E’ stata un’esperienza forte visto che avevo diciannove
anni e che stavo rinchiusa con i ragazzi dalle h.8,00 del mattino fino alle
16,00 tutti i giorni lavorativi della settimana. C’erano ragazzi di età diverse con sintomi e
comportamenti molto vari e per ognuno di loro occorreva osservare e di
conseguenza usare, metodologie diverse di approccio.
In
quegli anni si pensava ancora che molta della responsabilità sulle cause
dell’autismo dipendesse dalle madri. Queste venivano spesso accusate di essere
state anaffettive nei primi mesi di vita del piccolo o di averlo rifiutato
magari inconsciamente.
Ricordo
però che i terapisti e le neuropsichiatre che erano nel centro dove lavoravo
nutrivamo molti dubbi su questa teoria e si adoperavano per capire meglio quali
potessero essere invece le cause .
Oggi
si parla di disordine genetico che si scatenerebbe nei primi mesi di
gravidanza. Non si conosce ancora il perché succeda ciò, certo è che quando
parliamo di DNA qualsiasi minima mutazione crea in alcune aree del cervello
danni che poi si ripercuotono nell’interpretazione delle emozioni di chi ci sta
davanti.
Oggi
si lavora molto, con questi ragazzi per favorirne l’autonomia attraverso
tecniche cognitivo-comportamentali, al fine di sfruttare qualsiasi canale che
viene lasciato aperto come l’uso dello sport o della musica.
Indubbiamente
bisogna sempre prestare massima attenzione al rispetto delle loro
problematiche. Una volta, mentre lavoravo al centro, mettemmo una piscina in
giardino per far giocare con l’acqua tutti i ragazzi. Non dimenticherò mai il
mio errore!! Schizzai con un po’ d’acqua le spalle di un bambino mentre lui non
se lo aspettava. La sua reazione fu violentissima ed io quella sera tornai a
casa con alcuni lividi nelle gambe a causa dei calci ricevuti. Ma la cosa che
più mi bruciava dentro era il non aver pensato in anticipo alle conseguenze del
mio gesto e per questo fui ripresa dalla
neurospichiatra durante l’incontro che tutti i pomeriggi facevamo prima di
uscire.
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