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domenica 28 febbraio 2016

Pizza di patate con prosciutto e formaggio da cucinare nella padella.


Io amo molto la pizza, la mangerei sempre e in tutti i modi.
Alcune volte però mi piace sperimentare qualcosa di diverso e così ho provato a fare la pizza  cotta in padella ed in particolare quella di patate con prosciutto e formaggio, ricetta piuttosto facile. L'utilizzo della cottura in padella, la rende una ricetta davvero pratica, diventando un piatto che piacerà anche ai bambini. E' ideale da servire come secondo oppure come piatto unico, ed è piuttosto sostanzioso.

Ingredienti:
500 g. di patate
120 g. di farina
1uovo
50 g. di parmigiano reggiano o di pecorino (come preferite)
50 g. di prosciutto cotto
60 g. di mozzarella
un pizzico di sale
g. di burro, fuso

Per prima cosa lessate le patate e quando saranno cotte passatele allo schiacciapatate, raccogliete la purea in una terrina ed unire un pizzico di sale, il formaggio, l’uovo e la farina, amalgamate bene fino ad avere un impasto omogeneo.

Prendete ora una padella del diametro di 24 cm e foderatela con della carta forno, con le mani infarinate prendete metà composto, mettetelo nella padella ed allargatelo bene, unite sopra anche il prosciutto ed il formaggio.

Mettete sul tavolo un altro foglio di carta forno e sempre con le mani infarinate allargate il restante impasto di patate e mettetelo sopra al prosciutto e formaggio.

Sigillando bene i bordi, mettete la padella sul gas a fiamma moderata e fate dorare da entrambi i lati, per girare la pizza aiutatevi con un coperchio.


Quando sarà ben dorata, spennellatela con del burro fuso e servite. Poi fatemi sapere se vi è piaciuta!

sabato 27 febbraio 2016

"Youth" di Sorrentino ed il funerale al quale ho partecipato oggi.


Oggi pomeriggio sono stata presente ad un altro funerale, quello di una persona anziana madre di una collega di lavoro. Mentre ero in chiesa mentalmente facevo un raffronto con l’altro funerale al quale ho assistito non molto tempo fa. Oggi poche persone e tutte anziane, amiche o parenti, che con commozione contenuta hanno salutato la defunta. L’altra volta una chiesa straripante di persone, giovani in maggioranza perché la donna  morta aveva due figli ancora ragazzi e lei era decisamente in una età nella quale non è giusto morire. La commozione era tale che non una persona aveva gli occhi asciutti e tutti  erano martoriati nello spirito per questa mancanza così prematura.
Due funerali oggettivamente diversi e mentre camminavo per strada, per rientrare a casa, mi è improvvisamente tornato in mente il film “YOUTH” di Paolo Sorrentino.
Mi ha colto di nuovo quella sensazione di tristezza e d’imminente fine che quel film, stupendo a mio avviso, ha saputo infondermi quando l’ho visto.
Gli ambienti, le musiche, tutto è fatto per portarti sempre più vicino al termine della vita, con un po’ di leggerezza ma certamente nella coscienza che il tempo sta finendo inesorabilmente.
Chi ha visto il film penso che non abbia dimenticato i meravigliosi panorami che si godono dall’albergo nel quale Fred, il compositore e Mick il regista, trascorrono la loro vacanza primaverile; una vera sinfonia di suoni e d’immagini che quelle stupende montagne creano nello spirito di ciascuno di noi, anche per una come me che vive di mare, di onde e salsedine.
Gli attori sono bravi innegabilmente, ma è l’atmosfera che cattura, questo vivere nel ricordo che però ha tanti vuoti e tante incomprensioni con figli e donne, questo vivere a due passi dalla fine inesorabile. Fred e Mick amici e consuoceri, si raccontano solo le “cose belle” e vivono insieme un’ultima esperienza che li tocca profondamente.

Le montagne, i prati, l’erba sono rimasti nei miei occhi per lungo tempo e oggi, quasi per gioco, sono tornate e mi hanno riportato lì, in punta di piedi, in quel paesino delle Alpi svizzere.








martedì 23 febbraio 2016

Umberto Eco: lettera al nipote. Un'appassionante racconto di vita.


“Caro nipotino mio,
non vorrei che questa lettera natalizia suonasse troppo deamicisiana, ed esibisse consigli circa l’amore per i nostri simili, per la patria, per il mondo, e cose del genere. Non vi daresti ascolto e, al momento di metterla in pratica (tu adulto e io trapassato) il sistema di valori sarà così cambiato che probabilmente le mie raccomandazioni risulterebbero datate. Quindi vorrei soffermarmi su una sola raccomandazione, che sarai in grado di mettere in pratica anche ora, mentre navighi sul tuo iPad, né commetterò l’errore di sconsigliartelo, non tanto perché sembrerei un nonno barbogio ma perché lo faccio anch’io. Al massimo posso raccomandarti, se per caso capiti sulle centinaia di siti porno che mostrano il rapporto tra due esseri umani, o tra un essere umano e un animale, in mille modi, cerca di non credere che il sesso sia quello, tra l’altro abbastanza monotono, perché si tratta di una messa in scena per costringerti a non uscire di casa e guardare le vere ragazze. Parto dal principio che tu sia eterosessuale, altrimenti adatta le mie raccomandazioni al tuo caso: ma guarda le ragazze, a scuola o dove vai a giocare, perché sono meglio quelle vere che quelle televisive e un giorno ti daranno soddisfazioni maggiori di quelle on line. Credi a chi ha più esperienza di te (e se avessi guardato solo il sesso al computer tuo padre non sarebbe mai nato, e tu chissà dove saresti, anzi non saresti per nulla).
Ma non è di questo che volevo parlarti, bensì di una malattia che ha colpito la tua generazione e persino quella dei ragazzi più grandi di te, che magari vanno già all’università: la perdita della memoria.
È vero che se ti viene il desiderio di sapere chi fosse Carlo Magno o dove stia Kuala Lumpur non hai che da premere qualche tasto e Internet te lo dice subito. Fallo quando serve, ma dopo che lo hai fatto cerca di ricordare quanto ti è stato detto per non essere obbligato a cercarlo una seconda volta se per caso te ne venisse il bisogno impellente, magari per una ricerca a scuola. Il rischio è che, siccome pensi che il tuo computer te lo possa dire a ogni istante, tu perda il gusto di mettertelo in testa. Sarebbe un poco come se, avendo imparato che per andare da via Tale a via Talaltra, ci sono l’autobus o il metro che ti permettono di spostarti senza fatica (il che è comodissimo e fallo pure ogni volta che hai fretta) tu pensi che così non hai più bisogno di camminare. Ma se non cammini abbastanza diventi poi “diversamente abile”, come si dice oggi per indicare chi è costretto a muoversi in carrozzella. Va bene, lo so che fai dello sport e quindi sai muovere il tuo corpo, ma torniamo al tuo cervello.
La memoria è un muscolo come quelli delle gambe, se non lo eserciti si avvizzisce e tu diventi (dal punto di vista mentale) diversamente abile e cioè (parliamoci chiaro) un idiota. E inoltre, siccome per tutti c’è il rischio che quando si diventa vecchi ci venga l’Alzheimer, uno dei modi di evitare questo spiacevole incidente è di esercitare sempre la memoria. 
Quindi ecco la mia dieta. Ogni mattina impara qualche verso, una breve poesia, o come hanno fatto fare a noi, “La Cavallina Storna” o “Il sabato del villaggio”. E magari fai a gara con gli amici per sapere chi ricorda meglio. Se non piace la poesia fallo con le formazioni dei calciatori, ma attento che non devi solo sapere chi sono i giocatori della Roma di oggi, ma anche quelli di altre squadre, e magari di squadre del passato (figurati che io ricordo la formazione del Torino quando il loro aereo si era schiantato a Superga con tutti i giocatori a bordo: Bacigalupo, Ballarin, Maroso eccetera). Fai gare di memoria, magari sui libri che hai letto (chi era a bordo della Hispaniola alla ricerca dell’isola del tesoro? Lord Trelawney, il capitano Smollet, ildottor Livesey, Long John Silver, Jim…) Vedi se i tuoi amici ricorderanno chi erano i domestici dei tre moschettieri e di D’Artagnan (Grimaud, Bazin, Mousqueton e Planchet)… E se non vorrai leggere “I tre moschettieri” (e non sai che cosa avrai perso) fallo, che so, con una delle storie che hai letto.
Sembra un gioco (ed è un gioco) ma vedrai come la tua testa si popolerà di personaggi, storie, ricordi di ogni tipo. Ti sarai chiesto perché i computer si chiamavano un tempo cervelli elettronici: è perché sono stati concepiti sul modello del tuo (del nostro) cervello, ma il nostro cervello ha più connessioni di un computer, è una specie di computer che ti porti dietro e che cresce e s’irrobustisce con l’esercizio, mentre il computer che hai sul tavolo più lo usi e più perde velocità e dopo qualche anno lo devi cambiare. Invece il tuo cervello può oggi durare sino a novant’anni e a novant’anni (se lo avrai tenuto in esercizio) ricorderà più cose di quelle che ricordi adesso. E gratis.
C’è poi la memoria storica, quella che non riguarda i fatti della tua vita o le cose che hai letto, ma quello che è accaduto prima che tu nascessi. 
Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene – a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove. 
Ora la scuola (oltre alle tue letture personali) dovrebbe insegnarti a memorizzare quello che è accaduto prima della tua nascita, ma si vede che non lo fa bene, perché varie inchieste ci dicono che i ragazzi di oggi, anche quelli grandi che vanno già all’università, se sono nati per caso nel 1990 non sanno (e forse non vogliono sapere) che cosa era accaduto nel 1980 (e non parliamo di quello che è accaduto cinquant’anni fa). Ci dicono le statistiche che se chiedi ad alcuni chi era Aldo Moro rispondono che era il capo delle Brigate Rosse – e invece è stato ucciso dalle Brigate Rosse.
Non parliamo delle Brigate Rosse, rimangono qualcosa di misterioso per molti, eppure erano il presente poco più di trent’anni fa. Io sono nato nel 1932, dieci anni dopo l’ascesa al potere del fascismo ma sapevo persino chi era il primo ministro ai tempi dalla Marcia su Roma (che cos’è?). Forse la scuola fascista me lo aveva insegnato per spiegarmi come era stupido e cattivo quel ministro (“l’imbelle Facta”) che i fascisti avevano sostituito. Va bene, ma almeno lo sapevo. E poi, scuola a parte, un ragazzo d’oggi non sa chi erano le attrici del cinema di venti anni fa mentre io sapevo chi era Francesca Bertini, che recitava nei film muti venti anni prima della mia nascita. Forse perché sfogliavo vecchie riviste ammassate nello sgabuzzino di casa nostra, ma appunto ti invito a sfogliare anche vecchie riviste perché è un modo di imparare che cosa accadeva prima che tu nascessi.
Ma perché è così importante sapere che cosa è accaduto prima? Perché molte volte quello che è accaduto prima ti spiega perché certe cose accadono oggi e in ogni caso, come per le formazioni dei calciatori, è un modo di arricchire la nostra memoria. 
Bada bene che questo non lo puoi fare solo su libri e riviste, lo si fa benissimo anche su Internet. Che è da usare non solo per chattare con i tuoi amici ma anche per chattare (per così dire) con la storia del mondo. Chi erano gli ittiti? E i camisardi? E come si chiamavano le tre caravelle di Colombo? Quando sono scomparsi i dinosauri? L’arca di Noè poteva avere un timone? Come si chiamava l’antenato del bue? Esistevano più tigri cent’anni fa di oggi? Cos’era l’impero del Mali? E chi invece parlava dell’Impero del Male? Chi è stato il secondo papa della storia? Quando è apparso Topolino? 
Potrei continuare all’infinito, e sarebbero tutte belle avventure di ricerca. E tutto da ricordare. Verrà il giorno in cui sarai anziano e ti sentirai come se avessi vissuto mille vite, perché sarà come se tu fossi stato presente alla battaglia di Waterloo, avessi assistito all’assassinio di Giulio Cesare e fossi a poca distanza dal luogo in cui Bertoldo il Nero, mescolando sostanze in un mortaio per trovare il modo di fabbricare l’oro, ha scoperto per sbaglio la polvere da sparo, ed è saltato in aria (e ben gli stava). Altri tuoi amici, che non avranno coltivato la loro memoria, avranno vissuto invece una sola vita, la loro, che dovrebbe essere stata assai malinconica e povera di grandi emozioni.

Coltiva la memoria, dunque, e da domani impara a memoria “La Vispa Teresa”.”

domenica 21 febbraio 2016

Recensione libro di Ballard: L'isola di cemento.



Schermandosi dal sole, Maitland vide che si era arrestato in una piccola isola spartitraffico triangolare, lunga meno di duecento metri, che si stendeva in una zona incolta fra tre autostrade convergenti”.

Questa è l’isola di cemento nella quale il protagonista si ritrova intrappolato, dopo un incidente stradale e dove, in pochi giorni, tutta la sua vita perderà quei falsi valori sui quali era stata impostata per arrivare alla coscienza, molto più realistica, dell’inevitabile inconsistenza di rapporti e affetti, maturati fino ad allora e ad un intorpidimento di reazioni che lo porterà probabilmente alla morte.
Maitland ha moglie, amante, un figlio, un lavoro, dei colleghi ma niente in realtà, ha un reale peso affettivo. Le due donne sanno l’una dell’altra ma non si preoccupano, proprio perché scaricano la responsabilità della sua assenza, ognuna all’altra. I colleghi, abituati a non avere rapporti umani con lui, sono indifferenti alla sua condizione di “assente” e non se ne curano.
Un’esistenza falsa, vuota fin dall'infanzia, che il protagonista fino ad allora, non pensava di avere, ma della quale prende coscienza pian piano. In quella situazione paradossale, in quell’isola a due passi dal mondo pulsante, lui, solo, è costretto a riflettere sulla sua condizione, esercitando un’introspezione potente che dovrebbe portare a rifiutare o ricercare proprio quel passato.
Libro decisamente particolare, forte in certi momenti, colmo di riflessioni sulle nostre alienazioni quotidiane e che ci scuote facendoci riflettere anche sulle nostre personali vite, sulla disumanizzazione dei rapporti e delle esistenze .
Qualcosa d'altro rispetto a "Robinson Crusoe" che lotta per tornare, che impegna il tempo per non perdere la ragione e sé stesso. Soprattutto, che mette la vita vissuta e da vivere ancora, davanti a tutto.

Alla fine Maitlanad farà la sua scelta: “Un’auto della polizia avanzava lentamente sull’autostrada; il passeggero scrutava l’erba alta. Al sicuro nel suo padiglione, Maitland aspettò che fossero passati. Quando l’auto si fu allontanata si alzò in piedi e abbracciò l’isola con uno sguardo pieno di fiducia.

Consiglio la lettura a tutti perché riflettere sui nostri problemi quotidiani credo che non faccia mai male.

sabato 20 febbraio 2016

Film: The danish girl. Racconto del primo gender della storia.



Ho visto il film “The danish girl” diretto da Tom Hooper.

Conoscevo già la storia del pittore Mogens Einar Wegener (marito di Gerda Gottlieb, pittrice anch’essa) che fu la prima persona nella storia a sentire il desiderio di una trasformazione fisica tale, da portarlo a sottorporsi  in Germania, a ben cinque interventi e a richiedere una modifica del suo stato sessuale.
Siamo agli inizi del ‘900 e Einar con la moglie Gerda vivono facendo gli illustratori e viaggiando; ma ben presto il pittore sente l’esigenza di una trasformazione e decide di tentare un primo intervento e anche di apparire pubblicamente, non più nelle vesti di un uomo, ma in quelle di Lilli Elbe, presentandosi così esclusivamente come donna a tutte le feste e manifestazioni.

Foto di Einar prima e Lilli dopo.
Il suo è un lungo calvario, un percorso emotivo intenso e sacrificale, che viene affrontato nel film in maniera lieve e molto pudica.
Non ci sono scene di sesso, non ci sono aperte manifestazioni di omosessualità, ma una linea grigia intermedia attraversa tutto il film, narrando in modo conciliante ma non eccessivo un processo e un tema oggi molto sentito.
Appropriata la scelta dell’attore protagonista (Eddie Redmayne) che ben interpreta il suo ruolo, entrando nel personaggio e mettendo in luce i suoi turbamenti.


A me però è piaciuta molto l’attrice che interpreta il ruolo della moglie (Alicia Vikander) perché impegnata a rappresentare una figura scomoda e subalterna, ma a mio avviso, forte, piena di emozioni che si manifestano ambivalenti, ma sempre colme di amore.


Un film da vedere, secondo me, senza pregiudizi nei confronti di alcuno, ma semplicemente cercando di comprendere quale tormento interiore può esserci in un essere che non si sente appagato dal proprio corpo e che fa di tutto per far uscire ciò che sta dentro, la vera identità nascosta.
Lilli Elbe morì tre mesi dopo la quinta operazione a causa di gravi complicazioni. Era il 1931 ed è sepolta a Dresda in Germania.
L’origine della “teoria del genere” (gender) risale proprio a questo momento storico e a questo personaggio.

Magnus Hirschfeld, medico di Berlino, agli inizi del secolo XX ipotizzò per primo la possibilità di avere un continuum intercambiabile fra sessi e lo scrisse in un saggio “Die Trasvestiten”, che di fanno inaugurò la categoria del travestitismo. Lui assistette anche al primo intervento che fu fatto ad Einar per trasformarlo in Lilli.