Nel mio viaggio a Milano sono tornata alla Pinacoteca di
Brera dove si trova, fra le altre opere d’arte famose e conosciute in tutto il
mondo, anche quella chiamata “Il bacio” di Francesco Hayez.
Quest’opera col passare del tempo è divenuta il capolavoro
di questo pittore e non a caso, perché la sensualità e l’amore sono dei potenti
motori nella vita degli uomini e chi ha saputo immortalarne un momento così
delicato e passionale insieme, ha visto a buon diritto, crescere la propria
popolarità e fama.
La data di realizzazione è il 1859 momento storico molto
particolare (Società segrete, Carboneria) che influenzò il pittore spingendolo
a rappresentare qualcosa che facesse pensare alle nuove nazioni, ad un simbolo
di rinnovata unità e di liberazione dagli Austriaci.
Di quest’opera ce ne sono altre versioni simili, che si
discostano per alcuni particolari e per i colori usati più vicini allo stato
francese o a quello italiano, ma sicuramente la più famosa è la versione che
troviamo a Brera, luogo nel quale fu esposta per la prima volta e dove è
rimasta perché donata alla morte del suo proprietario, Alfonso Maria Visconti
di Saliceto
Di entrambi i giovani non vediamo il viso. Lui coperto da un
cappello e da un mantello, con la calzamaglia rossa sembra avvolgere la ragazza
che si appoggia mollemente a lui concedendosi con dolcezza.
Un bacio rubato prima di una fuga?
Un bacio consapevole del suo valore affettivo che rende quell'amore meno clandestino?
Possiamo immaginare ciò che più ci piace, in ogni caso l’osservatore è ammaliato da loro e dal loro bacio che capta
l’attenzione e mette gli altri particolari in secondo piano, rendendoli non
incisivi ma solo di contorno.
Il cappello con la piuma, l’ambiente spoglio, le ombre dei
giovani con la luce che arriva da destra tutto è marginale perché è solo il “bacio”
l’espediente che rende l’opera unica.
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