Mario Oddone Cavaglieri.
Conosco questo pittore
grazie ad una galleria d’arte fiorentina, ormai chiusa da anni e che invece per
posizione, nome ed importanza ha caratterizzato l’ambiente artistico della
città: la “Galleria Santacroce”.
Di frequente venivano
presentati quadri di questo autore, tutti pezzi di grandi dimensioni e notevole
impatto.
Nel nuovo Museo del
Novecento, che ha sede in piazza Santa Maria Novella, viene reso omaggio a Cavaglieri
con un quadro che trovo molto bello: “I fidanzati” del 1919.
I fidanzati 1919
Biografia
A Mario Cavaglieri il Dizionario Einaudi della
Pittura e dei Pittori dedica nel primo dei suoi sei volumi tredici righe, fra
biografia e apprezzamenti.
Pochino; ma quanto basta a incuriosire.
Nasce a Rovigo nel 1887 da una ricca famiglia ebrea.
A nove anni, fu portato dai suoi a Padova, dove
crebbe, coccolato da genitori che non gli lesinarono mai consenso, sé stima, né
denaro per qualunque vocazione sentisse, fino alle soglie dell' età matura ed a
una svolta di vita, nel 1920, a cui si può dare un nome: Giulia Catellini de
Grossi (Giulietta). Perché l'amore nella sua vita contò sempre moltissimo,
mentre quel che accadeva nel mondo intorno, nemmeno era recepito.
Il suo interesse si manifesta soprattutto verso
tematiche che hanno come soggetto ritratti a carattere familiare, di fatto, in
numerosi quadri, diviene fonte di ispirazione la sorella Gilda.
Sempre nel 1907
partecipa a Roma all’Esposizione Internazionale della Società di Belle Arti, debutta
poi come pittore a Torino nel 1909, espone quindi alla Ca' Pesaro, a Roma e
Venezia, e, dopo un soggiorno a Parigi nell' 11, per la prima volta, nel '12
partecipa alla Biennale veneziana.
Nel frattempo ha conosciuto la Giulietta, che da
modella prima e poi da amata porta un nuovo e diverso slancio al suo vivere e
dipingere. Cavaglieri sfocia infatti in quelli che per gli storici dell'arte
sono «gli anni brillanti» del suo percorso. E' un momento di raggiunta pienezza
per ogni aspetto e di debordante ma sorvegliatissima felicità creativa. Lui si
gode insieme il suo amore, il successo, e una selva di nuove e calde relazioni
mondane.
E' ricevuto in salotti urbani e gran ville di
campagna, e riceve elegantemente, a Padova, in uno studio affacciato con grandi
vetrate su un giardino, che per ampiezza e arredo, è una dimora da dandy
raffinato.
E lì, insistentemente, ambienta i suoi grandi quadri,
dove Giulietta e gli amici che di volta in volta ritrae, sono inseriti - con
un' arte che massimamente lo connota - in uno spazio senza profondità, come
fossero figure di un arazzo sontuoso.
L’ambiente e gli arredi sono tutti esaltati come se
fossero protagonisti, con la forza di colori intensi e puri, applicati sulla
tela spesso direttamente dal tubetto, e in quantità che durante la guerra (che
Cavaglieri, riformato, ignora) scandalizza più di un critico per «lo spreco» di
materiali in un tempo in cui tutto è razionato.
Cavaglieri si è arricchito dalla conoscenza dei
fauves e degli impressionisti ma, di quanto ha visto, si serve solo per
arricchire, all' occorrenza, un linguaggio che è tutto suo e non ha riscontri.
E' in questo clima che nascono le grandi tele che gli sono emblematiche.
Finché il conte Alessandro, molto opportunamente
muore, e Cavaglieri corre a riprendersi la sempre amata vedova, che di gran
cuore si lascia sposare.
Piacenza, dove Giulietta ha appena ereditato un
palazzo, è la scena dei primi anni di matrimonio. Anni felici, di amore
ricambiato, ma pure, come succede da adulti, più pacati. La vita mondana
persiste ma si dirada.
Ancora tante e massicce presenze in grandi Mostre, da
Venezia a Roma, a Napoli, a Monaco di Baviera...; ma con una pittura che si
avvia a farsi alleggerita nella materia, nei contrasti cromatici e contesti
figurativi.
E poi
improvvisamente nel '25, arriva una radicale svolta di vita: l'abbandono dell'Italia per stabilirsi in Francia, dove Cavaglieri ha comprato a Peyloubère, in
Guascogna, una tenuta di 47 ettari. Interrogato in proposito, la risposta più
convincente è stata sempre: «Vi avevo visto dei begli alberi»
Muta di fatto anche il repertorio: dalla figura che
era il suo forte, passa a privilegiare il paesaggio: la sua casa dal giardino,
il suo stagno, il suo roseto, la sua finestra aperta... con una tecnica alleggerita
e una tavolozza più chiara.
Nel '43, deve sparire dalla Francia occupata, perché
ebreo ed è costretto a nascondersi in Italia fino alla liberazione.
Poi la vita riprende in Francia fino alla morte
avvenuta nel 1969.
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