Massimo
Ammaniti è un famoso psicoanalista che da tempo studia i comportamenti delle
famiglie.
Nel
2015 ha scritto il libro “La famiglia adolescente” nel quale analizza i
cambiamenti che sono avvenuti nei rapporti fra genitori e figli causati da una
serie di problematiche come la riduzione della natalità o l’aumento dell’età
dei genitori, e che sono diventati il motivo principale di una incapacità genitoriale
a favore della scelta di porsi come amici e quasi coetanei dei ragazzi.
Molte
delle problematiche quindi insorgono quando inizia quel periodo nel quale i
figli sfuggono al controllo e i genitori non si sentono più capaci di saperli
comprendere o di vederli crescere in autonomia.
Ma,
a distanza di un paio di anni dall’uscita del libro, Ammaniti punta il dito su
un’emergenza che pur essendo figlia di quei problemi appena enunciati, ha
conseguenze sempre più gravi:
l’alto
numero di suicidi riscontrato in ragazzi sotto i 20 anni.
Le cifre parlano di un 12% sui 4.000
decessi annui.
Dice
lo psichiatra che ai ragazzi servono
«regole» e non genitori «amici» che non mettano confini e che «lascino correre
le cose» invece di affrontare il contrasto, il conflitto che nasce quando si
mettono delle regole.
Purtroppo
questo atteggiamento comincia fin da quando i figli sono piccoli.
Molti
bambini sono dei veri e propri despoti in famiglia svolgendo quindi un ruolo
che non dovrebbero avere.
Le
regole invece devono impartirle i genitori e il loro compito sta nel farle
rispettare. Questo è il modo per instaurare un corretto legame familiare.
Dato
che ciò succede sempre meno, nel momento dell’adolescenza i ragazzi si sentono spaesati,
“malati nell’anima” e oltre ai disagi psicologici si presentano nuove forme di
malessere.
Campanelli
d’allarme possono essere il presentarsi di rapidi cambi d’umore con reazioni
eccessive, oppure forme di autolesionismo e ancora calo nel rendimento
scolastico oppure uso, sempre più frequente, di sostanze stupefacenti.
Per
questi giovani l’adolescenza è un momento particolarmente problematico ed è
quasi sempre un retaggio che viene dall’infanzia.
Saranno
quindi loro, i giovani più portati a scegliere il suicidio, anche perché non
sempre hanno un’idea corretta della
morte e si sentono indifesi, vulnerabili a tutto.
In
questa nuova famiglia che rappresenta la società odierna i genitori con uno o
due figli al massimo investono moltissimo su di loro, caricandoli di grosse
aspettative e rendendo difficile il processo del distacco che è invece
fondamentale.
Per
ciascun ragazzo che decide di togliersi la vita il prezzo che paga la famiglia
è altissimo e come sempre prevenire i problemi sarebbe l’unica soluzione
positiva.
Avere
coscienza di ciò sarebbe un buon inizio per spezzare questo trend negativo e
per riappropriarsi di un ruolo difficile ma essenziale, quello di genitori.
Non
so cosa ne pensiate voi e vi chiedo di commentare e raccontare qui le vostre
personali idee in proposito. Potremo parlarne insieme.
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