Dal
23 settembre 2016 al 22 gennaio 2017 Palazzo Strozzi a Firenze ospita la prima
grande retrospettiva italiana dedicata a uno dei più celebri e controversi
artisti contemporanei, Ai Weiwei.
Sono
andata lunedì pomeriggio a vedere la mostra incuriosita dai canotti attaccati
alle finestre di Palazzo Strozzi e anche dai commenti che circolano in città e
altrove.
Prima
di andare mi sono documentata bene sulla vita di questo artista per me
sconosciuto ed ho scoperto che rappresenta veramente una icona della lotta per
la libertà di espressione.
Nato
in Cina nel 1957 egli è prima di tutto figlio di due poeti che volevano esserlo
in un paese dove non era facile vivere con idee reazionarie e libertarie. Vive parte della sua vita tra un campo di
rieducazione e un ambiente sotterraneo nel deserto dei Gobi dopo che il padre
fu dichiarato “Triplo Criminale” nei confronti del partito e del paese.
Quindi la sua vita s’intreccia continuamente con la
politica ed è tutto un susseguirsi di forme di protesta in favore della libertà
di espressione. Lui stesso è stato imprigionato, controllato da telecamere
nascoste nella sua casa e gli è stato tolto il passaporto restituito nel 2015.
Questa
mostra è un’occasione rara per conoscere le sue opere e per entrare a far parte
della sua vita.
Non
voglio fare apprezzamenti o critiche al suo lavoro; indubbiamente siamo sul
piano della modernità forte e totale anche se in questa mostra molti richiami
sono stati fatti alla storia cinese passata e presente.
Le
sue opere esposte (circa un centinaio) spaziano dalle prime influenze dei suoi
maestri (Warhol e Duchamp) alle opere monumentali iconiche degli anni duemila
fatte di assemblaggi di oggetti come biciclette o sgabelli, fino ad opere
puramente politiche e controverse compresi i “gommoni” dei migranti presenti
sulla facciata del palazzo.
La
critica nei confronti della Cina e delle scelte fatte ad esempio sulle
costruzioni delle scuole con l’uso di materiali non adeguati, si traduce nella
presentazione, oltre che di video successivi al terremoto e di una ricerca
paziente protrattasi per lungo tempo alla ricerca delle prove di connivenza del
governo, all’installazione di piccole bare e di tondini contorti di marmo a
memoria di quelli di ferro altrettanto fragili e di un lungo serpente fatto di
“zaini” recuperati che appartenevano ai ragazzi morti.
Il
terremoto che avvenne nel 2008, magnitudo 8.0 gradi della scala Richter provocò
70.000 morti di cui una larga parte furono giovani sepolti dalle scuole che
crollarono tutte.
Poi le grandi sale con i riferimenti al passato della Cina e della sua vita: gli oggetti che non si trovano più fatti in legno, le telecamere che come un grande fratello spiavano la sua vita, le biciclette.
La porta di uno studio che non ha mai potuto aprire
Il grande tappeto di ceramica bianca che rappresenta i fiori e la grande tecnica artistica cinese e quello che è fatto di ciuffi d'erba in ghisa. La parola cinese per erba, cao, è anche un'imprecazione e viene usata su Internet per eludere la censura.
L'uso dei mattoncini di LEGO per fare quadri che rappresentano l'arte e l'Italia. Oppure ancora una volta il dissentire con la famosa e controversa opera "Dropping a Han Dynasty Urn" performance del 1995 che vede l'artista distruggere un'urna funeraria della dinastia Han. Fissata in tre scatti viene qui riprodotta in una versione in mattoncini Lego.
Vi metterò qui un'altra foto. Rappresenta un'ala. E' stata messa nel cortile del Palazzo e lo occupa tutto. Sono pannelli riflettenti sui quali sono appoggiati pentolini per cucinare. I contadini li usavano per scaldare il cibo.
E' un'ala che non vola, pesante. Carica di miserie e impotente.
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