sito internet

mercoledì 18 ottobre 2017

L'ultimo Rocco Schiavone di Manzini. Opera intensa di un uomo vero.




Quanta amarezza lascia in bocca un libro quando il racconto ti pone davanti ad una situazione che non accetti e alla quale speravi, fino all’ultimo, di non dover credere.
Perché un sospetto ti era nato, in un angolino della mente, ma io almeno lo avevo subito cancellato, quasi fosse un’eresia il solo pensarlo.
Quest’ultimo libro di Manzini ha dentro di sé una tristezza e un disincanto che ti tolgono il fiato.
Non che gli altri libri fossero allegri, tutt’altro, ma le battute di Rocco Schiavone tenevano l’aria “più leggera” e grazie a quelle ingoiavi a forza anche tutte le storture legate alle situazioni e al carattere del protagonista.
Questa volta è davvero difficile accettare tutto ciò che accade, anche se siamo abituati alla sua sete di vendetta e alla sua voglia di stare sempre sopra le righe.
Ma non è Montalbano lui.
Personaggi entrambi complicati ma con animi e spiriti diversi.
In questo ultimo caso da risolvere sembra che la morte di un trans non possa celare niente di drammatico per la vita di Schiavone, ma Manzini crea invece, una rete fittissima di non detti e trame nascoste che portano il protagonista a cercare sempre di più una vendetta irraggiungibile.
E’ un punto fermo dal quale ripartire, ma certo con sempre più disincanto e “ombra” come dice una parte del titolo.

Un ragazzo giovanissimo risveglia sentimenti paterni e la collega Caterina porta in superficie la sua ritrovata disponibilità ad amare proprio quando tutto come “polvere”, sfugge dalle mani. 
E in tutto questo, Marina, o meglio il suo ricordo e la sua presenza, diventano sempre più rarefatti e lontani nel tempo.

Nessun commento:

Posta un commento