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venerdì 23 settembre 2016

Avete letto l'ultimo Montalbano?



Devo confessare che ho aspettato un bel po’ di tempo prima di acquistare l’ultimo libro di Camilleri.  Questa scelta era dettata dalla delusione avuta nella lettura degli ultimi due libri di Montalbano. Storie che avevo trovato prive di interesse, un po’ sconclusionate, soprattutto mancanti di trama e forza nella descrizione del commissario.
Avevo pensato che l’autore ormai ci avesse regalato tutto ciò che poteva e che con l’avanzare dell’età non potesse più trovare quell’appeal necessario affinché le storie si dimostrassero interessanti.
Però ogni volta che mi capitava di vedere il libro mi sembrava di fargli un torto, sì a lui libro e al suo autore e così alla fine ho deciso di comprarlo.
Devo confessare che l’ho letto in tutti i ritagli di tempo possibili perché con mia sorpresa questa volta ho ritrovato un testo godibile che mi è piaciuto fin da subito.
S’intrecciano due filoni separati ma che s’intersecano benissimo nella storia perché legati dalla realtà che viviamo quotidianamente l’uno, e dall’odio l’altro.
Una parte iniziale ci fa partecipare ai problemi degli sbarchi sulle nostre coste da parte dei migranti. Camilleri schierato umanamente e politicamente per la comprensione verso queste persone, per bocca di Montalbano commenta più volte quanto sia assurdo criticare senza entrare a far parte delle loro vite, quanto invece siano disprezzabili gli scafisti, quanto dolore ci sia nelle vite delle donne e degli uomini che perdono familiari nei viaggi per mare. Ci parla inoltre del disagio delle forze dell’ordine e anche dei luoghi comuni che incasellano le persone come “non persone” solo perché migranti.
Vi riporto qui un paio di frasi che Montalbano e Catarella si scambiano a proposito di uno sbarco per chiarire il taglio e la lettura che viene data da Camilleri a tutta questa situazione:
“Capitò che stanotti quanno che ci fu la sbarcata di ‘sti sfollati…”
Montalbano l’interrompì:
“Non si chiamano sfollati, Catarè, ma migranti. Gli sfollati erano chiddri che nell’ultima guerra scappavano in un autro paìsi a scascione dei continui bummardamenti”.
“Scusassi dottori, ma chisti non scappano dalle bumme allo stisso modo?”
Montalbano non seppi come replicari. La logica di Catarella era pirfetta:

Ecco quindi che mentre tutto il commissariato è coinvolto in questa corsa per la salvezza delle persone che arrivano ogni notte, improvvisamente parte e prende forma l’altro filone, quello più giallo con un delitto che sembra inspiegabile e che coinvolge anche il commissario pur indirettamente. Non va dimenticato che Camilleri con il passar del tempo ha fatto invecchiare Montalbano rendendolo alcune volte più lento nel capire o nel vedere particolari che poi si dimostrano importanti e così ha bisogno di tornare più volte sulla scena del delitto per ricordare immagini, scene, che possano servire a chiarire il perché e come sono successi i fatti. L’intuizione, il caso, la perseveranza nell’indagine porteranno a scrivere la parola fine lasciando molta amarezza in chi legge perché emergono sentimenti davvero forti che hanno perseverato a lungo nell’assassino e che solo alla fine fanno emergere quella lucidità necessaria per poter spiegare le ragioni del delitto.
Quello che rimane a Montalbano è la soddisfazione di aver capito e quindi lui dice di sé stesso che il cervello ancora funzionava bene, “era la vilocità che fagliava”.

Questo libro è il numero 100, cioè il centesimo libro scritto da questo autore veramente incredibile che all’età di novant’anni e ormai quasi completamente cieco continua il suo lavoro e che sa ancora regalarci storie che ci appassionano e che si fanno amare


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