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lunedì 27 novembre 2017

La più amata. Ultimo libro di Teresa Ciabatti.





Ho finito di leggere da poco il libro di 
Teresa Ciabatti  “La più amata” 
e sono molto dibattuta sul darne un giudizio che rispecchi in pieno ciò che penso e che ho provato nel leggerlo.
E’ un racconto molto personale che questa giovane donna fa di suo padre e della sua famiglia ma il confine fra verità e immaginario è labile perché si leggono riferimenti a eventi e personaggi della politica recente, ma non solo, senza dirimere mai l’evento realmente accaduto dall’aspetto dubbio e inattendibile.
La storia narra la vita del padre di Teresa e della famiglia intera focalizzando però sempre l’attenzione su di lui, il Professore, che lavora nell’ospedale di Orbetello, che ha scelto nonostante le promesse di un posto sicuro nel più importante policlinico di Siena.
Un uomo alcune volte descritto “buono, un benefattore” che aiuta persone senza chiedere niente, altre, una persona distante “i degenti intimoriti lo guardano di sguincio, guai a incrociare i suoi occhi, figuriamoci a rivolgergli parola”, uomo che pare integerrimo ma che ha amicizie scomode che vanno dai massoni al movimento sociale italiano.
La narrazione è scritta al tempo presente, quasi volesse farci partecipi continuamente degli eventi detti, ma è infarcita di date che puntualizzano momenti e situazioni capitate, lasciando il lettore un po’ perplesso sulla necessità di tali informazioni. 
A me personalmente alcune volte ha infastidito questo continuo sbocconcellare il racconto con puntualizzazioni fini a sé stesse. Altra cosa che non ho gradito sono sgrammaticature che si ritrovano dentro una scrittura non sempre facile da cogliere, coazione a ripetere frasi un po’ ad effetto e passaggi temporali che non tutte le volte chiariscono la situazione narrata.

Ma è anche un libro indubbiamente molto personale e moderno. Un romanzo che della famiglia e della figura del padre traccia momenti drammatici e invasivi, tanto da segnare la vita di chi ne fa parte, pur nel dubbio di quanto realmente sia autobiografico o solo un grande ricamo d’invenzione.

lunedì 13 novembre 2017

Cimitero degli Inglesi di Firenze, gioiello della città.





Alcuni giorni fa, scegliendo fra le tante proposte di visite guidate nella mia città ho colto l'occasione per vedere finalmente un luogo molto particolare che si trova lungo i viali di circonvallazione, ma collocato comunque in zona centrale. 
E' un insediamento funerario che sorge isolato pur nel traffico e costituisce una curiosità unica al mondo, in modo particolare per la sua collocazione: esso infatti occupa per intero il piazzale Donatello, uno slargo ricavato sui viali per lasciare intatta una bassa collinetta che ha rappresentato e continua a rappresentare, un luogo estremamente affascinante, è infatti particolarissima l'alternanza tra il caos  del traffico cittadino, e l’atmosfera di silenzio ed immobilità che caratterizza questa “isola” di pace.
Come potete vedere dalla foto il cimitero monumentale ha una forma ellittica nel rispetto del terreno che lo forma. Tanto per cominciare, ricordiamo che il cimitero inizialmente si chiamava  “Camposanto degli Svizzeri” perché era stato affidato alla comunità degli elvetici, il terreno presso Porta a Pinti, dal Granducato Lorenese, per poterne disporre ad uso di sepoltura. 
Col tempo, il nome si è tramutato in quello attuale, per via dell’uso da parte della popolazione fiorentina di chiamare “Inglesi” tutti gli stranieri indistintamente. Comunque la comunità britannica a Firenze era in effetti una delle più consistenti in termini numerici. Va detto inoltre che in questo luogo trovarono sepolture nel corso degli anni, molte fra le persone non cristiane che abitavano in città.










Camminando fra le sepolture si nota la relazione tra questo cimitero ed il mondo dell’Antico Egitto prima di tutto perché la prima persona ad essere stata sepolta qui fu Nadezhda De Santis, una schiava nera della Nubia che fu portata a Firenze dalla celebre spedizione archeologica di Francois Champollion e Ippolito Rossellini del 1828, e poi perché molte tombe hanno chiari richiami alla simbologia e alla cultura egizia come piramidi, obelischi, dischi solari e scarabei, sia alati che semplici. Si notano anche simboli massoni o legati a culti esoterici.



Il Cimitero degli Inglesi ospita le salme di numerosi  personaggi  importanti fra i quali  Jean Pierre Viesseux,  Arthur Hugh Clough,
Southwood Smith, la poetessa Elizabeth Barrett Browning che visse e morì a Firenze insieme al marito anch'esso poeta.




Fra gli altri, però, mi preme ricordare soprattutto che vi fu sepolta nel 1877 la figlioletta del pittore Arnold Bocklin. Sembra che la suggestione suscitata proprio da questo ambiente così raccolto, quasi un'isoletta nella città, abbia ispirato il famoso dipinto "L'isola dei morti" capolavoro del simbolismo, ammirato da personaggi famosi come Freud e Hitler che ne aveva la versione dipinta del 1883, proprio nel suo studio.



Fra le tombe caratteristiche ce ne sono di molto particolari come quella della Morte con lo scheletro e la falce


oppure un particolarissimo modo di simboleggiare che "il tempo vola" quasi fosse un rebus da interpretare (clessidra con ali di pipistrello)


altre caratterizzate da opere in marmo pregevoli e raffinate











Dopo un lungo periodo di chiusura e abbandono il Cimitero è stato riaperto al pubblico e alle sepolture dal 1996 ed è a tutt’oggi di proprietà della Chiesa Evangelica Riformata Svizzera.