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martedì 11 settembre 2018

"All'angolo della strada principale..." Racconto. Capitolo 11"




Capitolo 11.


A casa dei nonni non c’era il telefono quindi molte volte le nostre uscite serali erano abbinate all’andata all’ufficio centrale Sip per ricevere le notizie dalla mamma. La cosa era un po’ complicata.
Durante la giornata arrivava un messo con il nominativo di chi doveva ricevere la telefonata e l’orario nel quale questa sarebbe arrivata.
All’ora stabilita quindi ci recavamo tutti insieme in quelle stanze anonime, ma ben illuminate ed attendevamo. L’ufficio si trovava nel centro del paese, abbastanza vicino alla stazione ferroviaria, ed era frequentatissimo in tutte le ore del giorno e della sera, quindi non eravamo mai soli perché quello era uno dei modi più usati in paese per le comunicazioni.
La povertà degli abitanti, tutti operai, non permetteva di avere un apparecchio telefonico in casa, gli stipendi erano bassi e nessuno spendeva più di quello che poteva permettersi, per questo nelle famiglie il problema economico non era mai sottovalutato.  La maggior parte degli abitanti aveva legato la propria vita all’industria siderurgica che, fin dall’antichità, aveva unito, per tradizione, la lavorazione di materiale ferroso alle vicine miniere. Il mare aveva poi contribuito a rendere più agevoli i trasporti e quindi tutto il territorio godeva in quel periodo, di posizioni lavorative stabili ma certamente non ben pagate. Lo stile di vita era sobrio, senza grandi idee di spese o viaggi, con la radicata mentalità del risparmio e della rinuncia, magari per favorire un giorno, prima o poi la vita di un figlio.

Alcune volte rifletto su quanto siano cambiati gli atteggiamenti e le abitudini dei componenti delle famiglie. Siamo ormai più inclini a non rinunciare a viaggi e divertimenti pensando che le privazioni non valgano per la vita presente. Sta tutta qui la differenza: prima si risparmiava per il futuro, per i figli oggi si vive più alla giornata e si fanno meno rinunce, l'auto nuova, i viaggi all'estero, i telefonini di ultima generazione servono per sentirsi vivi in quel preciso momento.

Quando andavamo all’ufficio Sip quindi, la nonna si metteva a parlare per ingannare il tempo. Ricordo di una volta in particolare nella quale conoscemmo una signora che aveva il figlio che lavorava in Germania.
Era stata una giornata di pioggia e vento burrascoso. Quel vento che viene impetuoso da sud-ovest e che il nonno tante volte mi aveva spiegato chiamarsi libeccio. Un vento umido, forte sul mare e che sulle spiagge alza la sabbia tanto da infilartela dovunque, anche sotto i vestiti. Il nonno, quando da giovane lavorava sulle navi e solcava gli oceani, aveva combattuto spesso con venti molto più impetuosi e le sue narrazioni per me erano fiabe meravigliose che mi aprivano un mondo di cui non sapevo niente e di cui facevo parte solo marginalmente, lavorando con l’immaginazione che soprattutto i bambini hanno, quando ancora piccoli non sono sufficientemente contaminati dalla realtà.
La signora Landini, così si chiamava, era in apprensione perché il figlio, molto giovane, era voluto andare via in cerca di una vita diversa. Lei piangeva. Si poneva tante domande su come vivesse in realtà perché era sicura che non le raccontasse la verità, per non ferirla e farla soffrire. La sua pena era aumentata dal fatto che era rimasta vedova da poco tempo. Un’esplosione verificatasi nell’acciaieria aveva fatto fuoriuscire del materiale bollente che aveva investito il marito insieme ad altri colleghi. Non c’era stato niente da fare per lui mentre gli altri tre operai erano ancora in ospedale con ustioni gravissime in tutto il corpo.

“Preferisco che sia morto, subito. Le sofferenze degli altri sono cose a cui non voglio pensare. Moriranno tutti tanto, lo so. E cosa mi è rimasto? Una dichiarazione dei sindacati - intendiamo esprimere forte vicinanza e solidarietà all’operaio vittima dell’infortunio e alla sua famiglia - e poi dove saranno loro quando non saprò come andare avanti?”
Le sue lacrime contagiarono tutti i presenti che le si avvicinarono cercando di consolarla.
Dopo poco fu chiamata per la telefonata e la nonna si mise a commentare col nonno l’incidente e i rischi che anche lui correva quando era dentro l’acciaieria a svolgere il suo quotidiano lavoro.
Quando toccò a noi andare al telefono la voce della mamma mi giunse, come ogni volta, lontana e nello stesso tempo dolce alle mie orecchie, e la sua immagine riempì improvvisamente i miei occhi. Non so cosa avrei dato per averla vicina in quel momento.
La conversazione scivolò via rapida, poi le passai la nonna. La mamma iniziò un po’ titubante
“Mamma ti devo dire una cosa.”
“E’ successo qualcosa? State bene? Non hai voluto dire ad Anna che sei malata?”
“No mamma ascoltami”.
La nonna mentre ascoltava cambiò espressione e cominciò ad agitarsi, mamma le parlava di qualcuno che sarebbe presto andato lontano, ed io capii che parlavano di Silverio.
Lui era il fratello di mamma e presto sarebbe partito.

1 commento:

  1. eccomi qui da te, Sonia, un post davvero interessante. Mi unisco volentieri al tuo blog perché non voglio perderti. A risentirci, spero.
    sinforosa

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