Capitolo 11.
A casa dei nonni non c’era il telefono quindi molte
volte le nostre uscite serali erano abbinate all’andata all’ufficio centrale
Sip per ricevere le notizie dalla mamma. La cosa era un po’ complicata.
Durante la giornata arrivava un messo con il
nominativo di chi doveva ricevere la telefonata e l’orario nel quale questa sarebbe
arrivata.
All’ora stabilita quindi ci recavamo tutti insieme in
quelle stanze anonime, ma ben illuminate ed attendevamo. L’ufficio si trovava
nel centro del paese, abbastanza vicino alla stazione ferroviaria, ed era
frequentatissimo in tutte le ore del giorno e della sera, quindi non eravamo
mai soli perché quello era uno dei modi più usati in paese per le
comunicazioni.
La povertà degli abitanti, tutti operai, non
permetteva di avere un apparecchio telefonico in casa, gli stipendi erano bassi
e nessuno spendeva più di quello che poteva permettersi, per questo nelle
famiglie il problema economico non era mai sottovalutato. La maggior parte degli abitanti aveva legato
la propria vita all’industria siderurgica che, fin dall’antichità, aveva unito,
per tradizione, la lavorazione di materiale ferroso alle vicine miniere. Il
mare aveva poi contribuito a rendere più agevoli i trasporti e quindi tutto il
territorio godeva in quel periodo, di posizioni lavorative stabili ma
certamente non ben pagate. Lo stile di vita era sobrio, senza grandi idee di
spese o viaggi, con la radicata mentalità del risparmio e della rinuncia,
magari per favorire un giorno, prima o poi la vita di un figlio.
Alcune volte rifletto su quanto siano cambiati gli
atteggiamenti e le abitudini dei componenti delle famiglie. Siamo ormai più
inclini a non rinunciare a viaggi e divertimenti pensando che le privazioni non
valgano per la vita presente. Sta tutta qui la differenza: prima si risparmiava
per il futuro, per i figli oggi si vive più alla giornata e si fanno meno
rinunce, l'auto nuova, i viaggi all'estero, i telefonini di ultima generazione servono per sentirsi vivi in quel preciso momento.
Quando andavamo all’ufficio Sip quindi, la nonna si
metteva a parlare per ingannare il tempo. Ricordo di una volta in particolare
nella quale conoscemmo una signora che aveva il figlio che lavorava in
Germania.
Era stata una giornata di pioggia e vento burrascoso.
Quel vento che viene impetuoso da sud-ovest e che il nonno tante volte mi aveva
spiegato chiamarsi libeccio. Un vento umido, forte sul mare e che sulle spiagge
alza la sabbia tanto da infilartela dovunque, anche sotto i vestiti. Il nonno,
quando da giovane lavorava sulle navi e solcava gli oceani, aveva combattuto
spesso con venti molto più impetuosi e le sue narrazioni per me erano fiabe
meravigliose che mi aprivano un mondo di cui non sapevo niente e di cui facevo
parte solo marginalmente, lavorando con l’immaginazione che soprattutto i
bambini hanno, quando ancora piccoli non sono sufficientemente contaminati
dalla realtà.
La signora Landini, così si chiamava, era in
apprensione perché il figlio, molto giovane, era voluto andare via in cerca di
una vita diversa. Lei piangeva. Si poneva tante domande su come vivesse in
realtà perché era sicura che non le raccontasse la verità, per non ferirla e
farla soffrire. La sua pena era aumentata dal fatto che era rimasta vedova da
poco tempo. Un’esplosione verificatasi nell’acciaieria aveva fatto fuoriuscire
del materiale bollente che aveva investito il marito insieme ad altri colleghi.
Non c’era stato niente da fare per lui mentre gli altri tre operai erano ancora
in ospedale con ustioni gravissime in tutto il corpo.
“Preferisco che sia morto, subito. Le sofferenze
degli altri sono cose a cui non voglio pensare. Moriranno tutti tanto, lo so. E
cosa mi è rimasto? Una dichiarazione dei sindacati - intendiamo esprimere forte vicinanza e solidarietà all’operaio vittima
dell’infortunio e alla sua famiglia - e poi dove saranno loro quando non
saprò come andare avanti?”
Le sue lacrime contagiarono tutti i presenti che le
si avvicinarono cercando di consolarla.
Dopo poco fu chiamata per la telefonata e la nonna si
mise a commentare col nonno l’incidente e i rischi che anche lui correva quando
era dentro l’acciaieria a svolgere il suo quotidiano lavoro.
Quando toccò a noi andare al telefono la voce della
mamma mi giunse, come ogni volta, lontana e nello stesso tempo dolce alle mie
orecchie, e la sua immagine riempì improvvisamente i miei occhi. Non so cosa
avrei dato per averla vicina in quel momento.
La conversazione scivolò via rapida, poi le passai la
nonna. La mamma iniziò un po’ titubante
“Mamma ti devo dire una cosa.”
“E’ successo qualcosa? State bene? Non hai voluto
dire ad Anna che sei malata?”
“No mamma ascoltami”.
La nonna mentre ascoltava cambiò espressione e
cominciò ad agitarsi, mamma le parlava di qualcuno che sarebbe presto
andato lontano, ed io capii che parlavano di Silverio.
Lui era il fratello di mamma e presto sarebbe
partito.
eccomi qui da te, Sonia, un post davvero interessante. Mi unisco volentieri al tuo blog perché non voglio perderti. A risentirci, spero.
RispondiEliminasinforosa