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giovedì 20 settembre 2018

All'angolo della strada principale... "Racconto. Capitolo 12"




Capitolo 12.


Lui è stato lo zio più amato e pianto da me e dalla famiglia intera.
Era di cinque anni più giovane della mamma ed è sempre stato un po’ scapestrato. Lo dico non perché abbia mai fatto qualcosa di sconveniente, ma indubbiamente la sua vita è trascorsa accumulando esperienze non troppo convenzionali rispetto alla vita condotta dal resto della famiglia.
Era un uomo dall’aspetto molto giovanile e piacevole, simpatico, sempre con la battuta pronta. Aveva un naturale disinteressamento per i soldi che spendeva senza preoccuparsi troppo del dopo e un’altrettanta innata capacità di saper portare qualsiasi capo di vestiario con leggerezza.
Vissuto un po’ con la mamma e il patrigno e un po’ in giro in altre città, venne ad abitare a casa con i miei visto che ormai eravamo a Firenze, perché quella città gli sembrava il miglior posto per esaudire i suoi sogni.
A lui piaceva cantare e suonare il contrabbasso e ben presto mise su un complessino col quale si esibiva nei locali. Erano brevi apparizioni ma non gli mancava una bella voce, di quelle che andavano bene negli anni sessanta.
Cantava anche in casa ed io ascoltavo in silenzio la sua voce:
Il problema più importante per noi
è di avere una ragazza di sera
se restiamo da soli, soli tutto male
non si può neanche cantar
forse non ci crederete
ma è vero
la malinconia ci prende di sera
con la barba già fatta
soli, senza nessuno,
ce ne andiam per la città.”
Gli ero particolarmente affezionata perché portava sempre una ventata di umorismo e di leggerezza, alleviando le pesanti giornate di rinunce che a cui eravamo abituati.
Non gli piaceva lavorare, ma non perché fosse uno scansafatiche, ma solo perché era una persona estrosa, che voleva vedere il mondo e fare ciò che gli piaceva di più, soprattutto avere un palco sul quale esibirsi.
Questo ovviamente portava qualche problema per il “vile” mantenimento e ricordo alcune discussioni fra mia madre e lui, proprio a questo proposito.
“Ma crescerai prima o poi?”
“Dai Clarissa ma che male c’è a vivere alla giornata? Lo sai che mi piace rischiare un po’.”
“Già però mangi tutti i giorni!”
“Sì hai ragione. Non ti do mai niente e so che anche tu non hai da scialare…”
“Altro che scialare! Io e Ilvo lavoriamo ma i soldi sembrano non bastare mai. Poi c’è Anna.”
All’epoca la mamma faceva la sarta e il babbo aveva finalmente trovato un impiego presso l’Azienda dei trasporti cittadina ma era solo da poco tempo quindi, alla fine del mese, dovevamo tutti fare qualche sacrificio .
Comunque Silverio non aiutava un granché il buon andamento delle finanze così, un fratello della nonna, Artemio, gli offrì di lavorare per lui nella sua macelleria. La carne con il canto non andavano molto d’accordo ma per un po’ di tempo almeno sembrò una soluzione.
Questo evento in realtà cambiò di non poco le relazioni fra Silverio e Artemio. La causa, come spesso succede, fu l’amore. Un amore tenero, sbocciato fra i due cugini che a dispetto del legame parentale così stretto, si amarono, fin da subito, reciprocamente.
Miriam aveva quasi la stessa età di Silverio. Si videro nel negozio dopo anni di lontananza e fra loro, quasi da subito, nacque un sentimento così forte che avrebbe potuto rompere tutte le remore della società.
Miriam era bella. Sottile, bionda, aveva un viso e un corpo da far girare chiunque per strada. Abbastanza riservata non aveva mai dato adito a chiacchiere di alcun genere. Un fidanzato l’aveva avuto ma poi era finita e all’epoca era sola. Suonava il pianoforte e dava lezioni private a quei ragazzini i cui genitori volevano a tutti i costi figli acculturati che sapessero far colpo sugli amici nelle serate ad invito. Ma la musica nella vita ha un altro ruolo. Apre una strada misteriosa verso luoghi lontani, fa ricordare più facilmente le emozioni e i sentimenti, aiuta l’orecchio alle mille sfumature delle vibrazioni, insomma s’impara a parlare una lingua diversa mossa non dalla bocca ma dalle mani. Ma a quei genitori non importava niente di tutto ciò e dicevano:
“Signorina Miriam mi raccomando, Giulio deve imparare bene il Preludio di Chopin e quell’altro brano…sì, Al chiaro di luna di Beethoven. Abbiamo un architetto con la famiglia domani sera a cena e non vogliamo che il bambino faccia brutta figura.”
Miriam faceva del suo meglio perché i suoi ragazzini diventassero bravi ma poi, finite le lezioni, sgattaiolava da casa e s’incontrava con lo zio.
Uscivano di nascosto, nessuno in famiglia doveva scoprire ciò che stava nascendo fra di loro, e trascorrevano il tempo camminando per la città, mano nella mano. Quando improvvisamente tutto venne scoperto fu un motivo in più di apprensione per i miei che prefigurarono un futuro irto di ulteriori difficoltà.

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