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domenica 27 settembre 2015

Mario Cavaglieri pittore delle grandi tele e dandy raffinato.


Mario Oddone Cavaglieri.

Conosco questo pittore grazie ad una galleria d’arte fiorentina, ormai chiusa da anni e che invece per posizione, nome ed importanza ha caratterizzato l’ambiente artistico della città: la “Galleria Santacroce”.
Di frequente venivano presentati quadri di questo autore, tutti pezzi di grandi dimensioni e notevole impatto.

Nel nuovo Museo del Novecento, che ha sede in piazza Santa Maria Novella, viene reso omaggio a Cavaglieri con un quadro che trovo molto bello: “I fidanzati” del 1919.

I fidanzati  1919

Biografia

A Mario Cavaglieri il Dizionario Einaudi della Pittura e dei Pittori dedica nel primo dei suoi sei volumi tredici righe, fra biografia e apprezzamenti.
Pochino; ma quanto basta a incuriosire.

Nasce a Rovigo nel 1887 da una ricca famiglia ebrea.
A nove anni, fu portato dai suoi a Padova, dove crebbe, coccolato da genitori che non gli lesinarono mai consenso, sé stima, né denaro per qualunque vocazione sentisse, fino alle soglie dell' età matura ed a una svolta di vita, nel 1920, a cui si può dare un nome: Giulia Catellini de Grossi (Giulietta). Perché l'amore nella sua vita contò sempre moltissimo, mentre quel che accadeva nel mondo intorno, nemmeno era recepito.
 Nel 1907 abbandona gli studi universitari e si dedica completamente alla pittura.


Il suo interesse si manifesta soprattutto verso tematiche che hanno come soggetto ritratti a carattere familiare, di fatto, in numerosi quadri, diviene fonte di ispirazione la sorella Gilda. 


Sempre nel 1907 partecipa a Roma all’Esposizione Internazionale della Società di Belle Arti, debutta poi come pittore a Torino nel 1909, espone quindi alla Ca' Pesaro, a Roma e Venezia, e, dopo un soggiorno a Parigi nell' 11, per la prima volta, nel '12 partecipa alla Biennale veneziana.


Nel frattempo ha conosciuto la Giulietta, che da modella prima e poi da amata porta un nuovo e diverso slancio al suo vivere e dipingere. Cavaglieri sfocia infatti in quelli che per gli storici dell'arte sono «gli anni brillanti» del suo percorso. E' un momento di raggiunta pienezza per ogni aspetto e di debordante ma sorvegliatissima felicità creativa. Lui si gode insieme il suo amore, il successo, e una selva di nuove e calde relazioni mondane.
E' ricevuto in salotti urbani e gran ville di campagna, e riceve elegantemente, a Padova, in uno studio affacciato con grandi vetrate su un giardino, che per ampiezza e arredo, è una dimora da dandy raffinato.


E lì, insistentemente, ambienta i suoi grandi quadri, dove Giulietta e gli amici che di volta in volta ritrae, sono inseriti - con un' arte che massimamente lo connota - in uno spazio senza profondità, come fossero figure di un arazzo sontuoso.
L’ambiente e gli arredi sono tutti esaltati come se fossero protagonisti, con la forza di colori intensi e puri, applicati sulla tela spesso direttamente dal tubetto, e in quantità che durante la guerra (che Cavaglieri, riformato, ignora) scandalizza più di un critico per «lo spreco» di materiali in un tempo in cui tutto è razionato.


Cavaglieri si è arricchito dalla conoscenza dei fauves e degli impressionisti ma, di quanto ha visto, si serve solo per arricchire, all' occorrenza, un linguaggio che è tutto suo e non ha riscontri. E' in questo clima che nascono le grandi tele che gli sono emblematiche.
 E’ però in questo momento che la sua Giulietta, stufa di fare «l' amante», senza preavviso, sposa nel '16 un ricco signore di Piacenza, per di più conte, Alessandro Marazzani Visconti. Pur rattristato, il pittore non perde colpi, anzi accresce e raffina la sua foga.


Finché il conte Alessandro, molto opportunamente muore, e Cavaglieri corre a riprendersi la sempre amata vedova, che di gran cuore si lascia sposare.
Piacenza, dove Giulietta ha appena ereditato un palazzo, è la scena dei primi anni di matrimonio. Anni felici, di amore ricambiato, ma pure, come succede da adulti, più pacati. La vita mondana persiste ma si dirada.


Ancora tante e massicce presenze in grandi Mostre, da Venezia a Roma, a Napoli, a Monaco di Baviera...; ma con una pittura che si avvia a farsi alleggerita nella materia, nei contrasti cromatici e contesti figurativi.

 E poi improvvisamente nel '25, arriva una radicale svolta di vita: l'abbandono dell'Italia per stabilirsi in Francia, dove Cavaglieri ha comprato a Peyloubère, in Guascogna, una tenuta di 47 ettari. Interrogato in proposito, la risposta più convincente è stata sempre: «Vi avevo visto dei begli alberi»
 Cavaglieri quando s' insedia a Peyloubère ha trentotto anni e vi rimane per gli altri quarantatré che gli restano da vivere: continuando, sì, come prima a dipingere tutti i giorni, ma con animo e modi assai mutati.
Muta di fatto anche il repertorio: dalla figura che era il suo forte, passa a privilegiare il paesaggio: la sua casa dal giardino, il suo stagno, il suo roseto, la sua finestra aperta... con una tecnica alleggerita e una tavolozza più chiara.

Nel '43, deve sparire dalla Francia occupata, perché ebreo ed è costretto a nascondersi in Italia fino alla liberazione.
Poi la vita riprende in Francia fino alla morte avvenuta nel 1969.















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