sito internet

mercoledì 8 dicembre 2021

JEFF KOONS in mostra a Firenze.


 

"Rabbit" serie del 1986




"SHINE"  è il titolo della mostra che Jeff Koons presenta a Palazzo Strozzi di Firenze fino al 30 gennaio 2022.
Confesso che non ero interessata alla visita ma una mia cara amica mi ha offerto un biglietto e il percorso guidato insieme a lei, pertanto mi sono decisa ad affrontare questo controverso autore anche se con molte riserve personali.
Certamente non posso dire niente di negativo sull'allestimento. 
Palazzo Strozzi perla fiorentina, fa da stupenda cornice alle opere dell'artista e anzi, sembra uscirne vincente questa volta più che in altre manifestazioni, data la maniacale precisione e sintesi presente nelle sale con pochi pezzi, spesso monumentali e con il respiro ampio lasciato al visitatore che dalle finestre percepisce quell'apertura sull'architettura, che contrasta proprio con le opere presentate.
 
Riprendo dal pieghevole della mostra il significato della parola chiave SHINE come concetto di "lucentezza inteso come gioco di ambiguità tra splendore e bagliore, essere e apparire".
In sostanza l'autore ci vuole spettatori meravigliati dalla grandezza e dalla lucentezza delle sue opere. Noi dovremmo ogni volta entrare dentro alle sculture perché queste ci riflettono come uno specchio, presentandoci sempre come un positivo/negativo della realtà.
Ogni scultura progettata da Koons riproduce in modo gigantesco quella che lui definisce come arte minore e che in realtà non lo è perché fa parte del nostro vissuto. La monumentalità quindi, assegna ai piccoli oggetti che abbiamo in casa, un'importanza diversa. Pensiamo che molte opere rappresentano in dimensioni mega, piccole statuine, oggetti che teniamo sui mobili di casa o accanto ai televisori quasi a voler ingentilire l'arredamento che abbiamo scelto e con il quale conviviamo giornalmente.
Ecco allora quello che scrive ancora: "Il lavoro dell'artista consiste in un gesto con l'obiettivo di mostrare alle persone qual è il loro potenziale. Non si tratta di creare un oggetto o un'immagine; tutto avviene nella relazione con lo spettatore.  E' qui che avviene l'arte".

Parliamo ora per un attimo dei materiale usati per le opere. E' quasi tutto acciaio inossidabile colorato e trattato in modo che le forme rispecchino pedantemente le pieghe che assumono nella realtà i veri materiali e il loro riflesso perfetto, senza nessuna interferenza. 
La carta del cuore rosso che troviamo nella prima sala oppure la plastica dei palloncini che si possono gonfiare come il cagnolino, hanno una resa decisamente perfetta. Non sembrano in acciaio e qui va apprezzato il lavoro delle maestranze che, sotto la guida meticolosa e a volte un po' stravagante dell'autore, mettono tutta la loro sapienza e pazienza nel trattare questo materiale con una capacità magistrale.





Ecco ora però la mia modesta critica. 
Koons è americano in tutto e per tutto. Ha una mentalità sicuramente moderna e innovativa ma che in realtà si rifà anch'essa ad artisti che già nei primi anni del 900 avevano innovato l'arte con una ventata ed una rivoluzione impensabile fino a
poco prima (pensiamo ad esempio alle ruote di bicicletta montate su sgabelli o l'orinatoio trasformato in fontana sempre di Marcel Duchamp oppure ai fumetti di Andy Warhol e non ultimo Salvator Dalì).
Quindi niente di nuovo sotto il sole se non nei materiali così presentati. Ma purtroppo, e qui forse io cado un po' nel nostalgico, l'artista è colui che fa, non solo progetta l'opera ma prende tela e pennelli oppure marmo e scalpello e crea qualcosa di suo facendolo personalmente. Pittori e scultori che noi amiamo e vediamo nei tantissimi musei del mondo hanno prodotto "manufatti"(fatti con le loro mani) che sono capolavori incredibili. 
Jeff Koons no. Lui ha un'idea. La presenta a chi poi dovrà realizzarla, ma non fa altro. Neppure i dipinti che si vedono in un paio di sale sono stati fatti da lui ma da un gruppo di seguaci, allievi, che copiano le sue idee e poi le realizzano.


Quando sono uscita ieri mattina le mie convinzioni sul fatto che questa mostra fosse solamente l'ostentazione di opere per ricchi e a loro dedicate si è consolidata. 
Il valore di ciò che è presente a Strozzi in questa mostra è quasi inimmaginabile. Koons è l'autore con il più alto valore pagato per una sua opera all'asta: da Christie's nel 2019 proprio con quel Rabbit raggiunse il valore record di 91,1 milioni di dollari!
Non saltate sulla sedia dopo aver letto questa cifra, ma indignatevi pure, perché a me onestamente fa questo effetto.
Eppure l'autore ci dice che rappresentando questi umili oggetti si avvicina a noi altrettanto umili consumatori, e che l'acciaio è un materiale povero, quello delle nostre pentole. 
Ma quale abisso c'è poi fra quei lavori e noi? Andiamo lì a vedere queste opere e ci sentiamo piccoli piccoli e bistrattati ma certo, non tutti hanno avuto come compagna Cicciolina.


 



Nessun commento:

Posta un commento