“Il
peccato più sciocco del diavolo è la vanità… Ma in fondo che gusto c’è a essere
il diavolo se non puoi farlo sapere a nessuno”.
Ho
terminato la lettura del libro di Donato Carrisi: “La ragazza nella nebbia”.
Devo
confessare che lavorando, il tempo da dedicare alla lettura lo devo ritagliare
fra i vari impegni, ma questa volta, e non capita spesso, ho cercato ogni
momento libero per inoltrarmi in questa particolarissima storia.
La
ragazza nella nebbia è un giallo, ben strutturato, che ti cattura fin dall’inizio
e come un buon giallo vuole, ti sorprende quando meno te lo aspetti.
Bravo
Carrisi, (di cui vi ho già parlato a proposito de “La donna dei fiori di
carta”) che sa regalarci una storia che assomiglia molto alla realtà, quella di
cui sentiamo parlare spesso in tv, che ci guida lentamente dentro al rapimento
di una ragazzina facendoci capire quanto il pubblico abbia bisogno di vivere
dentro alle tragedie, di quanto la gente s’impossessi di una disgrazia e la
faccia sua al punto di non parlare d’altro e di seguire anche fisicamente la
storia, andando nel luogo dov’è accaduta.
Un’aberrazione
mentale, una simbiosi con il male di cui, anche nella nostra televisione
sentiamo parlare in programmi costruiti ad hoc per farci seguire tutte le piste
possibili, quasi potessimo sostituirci noi, agli investigatori professionisti o
ai poliziotti preposti alle indagini. Ma questo nutrimento, nutre anche il male
stesso e questa cosa si palesa lentamente nello scorrere della storia.
Non voglio
dirvi altro perché trovo che sia bello leggerlo e sorprenderci a immedesimarsi
in un personaggio o in un altro a seconda dei momenti.
Vi
dico buona lettura e se volete fatemi sapere se anche a voi è piaciuto tanto
quanto a me.
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