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giovedì 10 marzo 2016

Film: “Il caso Spotlight” e i troppi silenzi della chiesa sulla pedofilia.


Sono andata a vedere il film “Il caso Spotlight” incuriosita dal successo e dall’Oscar ricevuto. Sapevo a grandi linee l’argomento che avrebbe trattato e quindi gli interrogativi che ne sarebbero venuti fuori dopo, parlando con amici e conoscenti.
Il film mi è piaciuto molto, gli attori sono bravi e l’argomento viene trattato con delicatezza anche se, evidentemente, è molto forte e poco “digeribile”.
Nel film alcuni giornalisti (di cui si enfatizza molto l’operato, ma se non sbaglio è una caratteristica tutta americana) mettono in luce quello che per anni e anni è stato un argomento insabbiato dalla chiesa e da coloro che ci hanno guadagnato sopra: la pedofilia ad opera dei sacerdoti.
Problema non da poco di cui, anche qui in Italia, si parla sempre in modo vago e superficiale e, nonostante che Papa Francesco abbia più volte detto che è un fenomeno da contrastare e da stroncare, nella realtà dei fatti, gli alti prelati continuano a nascondere la vera entità del problema.
“Non sono qui a difendere l’indifendibile. La Chiesa cattolica ha commesso errori enormi sulla pedofilia, ma sta lavorando per rimediare. Ha causato gravi danni in molti luoghi e ha deluso i fedeli”. È stato questo il mea culpa del cardinale australiano George Pell, prefetto della Segreteria per l’economia della Santa Sede, pronunciato pochi giorni fa, davanti alla Commissione nazionale d’inchiesta del suo Paese, commissione che indaga sulle risposte delle istituzioni agli abusi sessuali sui minori avvenute negli ultimi decenni. Ma questo, non gli ha permesso comunque di dire pienamente tutto ciò che sapeva, dopo settimane di rinvii, certificati medici e dopo aver giurato sulla bibbia. Pell infatti, davanti ad una delle vittime, ha negato di essere stato a conoscenza degli abusi dei preti pedofili che operavano nella diocesi di Ballarat in cui fu viceparroco tra il 1973 e il 1983. E questo fa riflettere molto. 
Nel film si spiegano chiaramente quale tipo di conseguenze abbiano questi abusi: i ragazzi soffrono di gravi turbe psicologiche che li portano a drogarsi o a divenire giovani sbandati o a loro volta violentatori. Ovviamente ci sono anche quelli che, grazie ad un sostegno, si riabilitano, fanno pace con sé stessi realizzando che non è loro la colpa, la responsabilità di ciò che è successo.
La cosa che emerge chiaramente è comunque, il senso di tradimento che non ti abbandona più; le persone nelle quali questi giovani credevano e che dovevano insegnare loro ad avere fiducia in sé e nella società che li circondava, erano proprio quelli che tradivano, che si approfittavano della giovane età e dell’inesperienza e che minacciavano, ricattavano i ragazzi affinché il silenzio coprisse tutte le loro colpe.
Quale sia il problema alla base di questa scandalosa situazione (obbligo del celibato, crisi nei valori morali della chiesa stessa, sottovalutazione della mancanza di un vero percorso educativo dei seminaristi) la chiesa dovrebbe affrontare, una volta per tutte, questo spinoso argomento, “confessando” le proprie responsabilità e miopie.

“Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare” (Matteo 18, 6).





























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