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martedì 10 luglio 2018

"All'angolo della strada principale..." Racconto. Capitolo 10.




Capitolo 10.


Era deciso che saremmo andati con un viaggio organizzato, insieme ad altre persone del paese, molte delle quali conoscevo e mi stavano simpatiche. Partimmo prestissimo al mattino col pullman. Io ero molto tesa e avevo già lo stomaco ballerino alla prima curva. Avremmo dovuto farne tante, di curve, e in quell’occasione scoprii uno zio diverso, più premuroso, anche nei miei confronti, che mi rassicurò, mi fece mangiare dei biscotti e mi disse:
“Guarda fuori dal finestrino così ti distrarrai e non sentirai più male”.
E così feci.
Guardavo nel buio di un’alba ancora lontana, col naso e gli occhi incollati al vetro del finestrino, cespugli di ginestre, ciclisti frettolosi che andavano a lavoro, i grandi soffioni boraciferi che eruttavano in alto verso il cielo, un fumo denso dalle larghe bocche.
Il viaggio fu lungo, ci furono soste e tante immagini si piazzarono indelebili nella mia testa di quattordicenne.
La sera, l’albergo napoletano ci aspettava ma io ero impaziente perché volevo soprattutto mangiare. Lo zio, insieme ad un gruppetto di amici, scelse una pizzeria vicina e molto folcloristica. Ci sedemmo e il ristoratore, chiedendo le nostre preferenze, mi apostrofò:
“Come la vulite ‘a pizza peccirella? La vulite bianca senza pummarola?”
“Posso prenderla zia? Bianca non l’ho mai assaggiata.”
All’inizio lo zio non era d’accordo. La zia cercava di convincerlo ma solo l’intervento degli amici seduti a tavola con noi servì a fargli prendere una decisione.
“Ma perché non vuoi che mangi ciò che le pare? E’ una ragazza, ormai sa decidere”
“Forza, smetti di fare il dittatore e lasciala in pace. Anna la vuoi proprio?”
“Sì certamente”
“Allora guarda la prendiamo anche io e mia moglie così non sarai sola!”
Ricordo come fosse oggi il sapore di quella pasta morbidissima piena di formaggio con una foglia di alloro al centro. Credo che sia stata la cosa più buona di tutta la gita. Quando tornammo in albergo scoprii un’altra cosa alla quale non ero abituata. Sotto l’albergo passava la metropolitana ed io, per la prima volta sentii lo sferragliare dei treni sotto il guanciale.

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