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martedì 15 maggio 2018

"All'angolo della strada principale..." Racconto. Capitolo 2.




Capitolo 2.

Io e il nonno percorrevamo con attenzione un tratto di strada sterrato che ci permetteva di arrivare vicino ai binari, e il treno era immediatamente il primo ostacolo da superare.
La ferrovia passava da lì senza grandi protezioni per chi volesse attraversarla. C’erano paletti in cemento bianco sgretolati che non riuscivano più a sbarrare il cammino perché ridotti a scheletri di solo ferro arrugginito attraverso i quali, io bambina, passavo facilmente.
“ Stai attenta a non farti male e soprattutto scivola attraverso, spostando le spalle, in modo da trovarti di profilo. Dopo, puoi sgattaiolare veloce” mi diceva il nonno.
Lui era magro e sapeva bene qual era il punto preciso che gli permetteva di passare inosservato e io gli andavo dietro senza avere dubbi o timori.
Ci trovavamo subito davanti ai binari.
E qui per me, ogni volta era un tuffo al cuore perché la paura che il treno arrivasse all’improvviso era forte. In realtà in quel punto i binari correvano dritti e si vedeva e si sentiva con molto anticipo se stava arrivando una locomotiva, sia che stesse partendo dalla piccola stazione vicina per andare verso il porto, sia che invece stesse arrivando da qualche città.
E un treno che passava di solito c’era.
Io e il nonno rimanevamo prudentemente vicini e il più lontano possibile dai binari e quando sentivo lo sferragliare della macchina con le carrozze dietro, avevo un brivido.
Il mio corpo, tutto, vibrava di piacere quando l’aria si muoveva veloce, spostata dalla mole del treno: gli occhi chiusi, i muscoli in tensione, la bocca semiaperta, un rapido urletto e poi finalmente la consapevolezza che era passato e non c’era più pericolo.
I treni hanno un odore particolare dovuto ai materiali ferrosi che sono usati, ai freni che si surriscaldano, ai passeggeri che li invadono e questo odore nel tempo non è cambiato. Ancora oggi, quando entro in una stazione, percepisco con tutta me stessa le medesime emozioni che provavo in quei momenti e l’odore, sempre quello negli anni, mi fa battere il cuore.
Ma la mia avventura doveva proseguire, ed io ben consapevole che ogni giorno il nonno avrebbe inventato qualcosa di nuovo per farmi felice, gli davo la mano e scavalcavo i binari per proseguire la strada che mi avrebbe portato al mare.
Il mio nonno era un personaggio particolare.
Si chiamava Carlo ed era un nonno acquisito, dato che era il secondo marito della nonna ma, né lui né io, abbiamo mai sentito la differenza. Mi voleva molto bene e dedicava tutto il suo tempo a rendermi felice e curiosa.
Scattante, sempre indaffarato, quando ancora lavorava ed io trascorrevo le mie vacanze estive a casa dei nonni, ricordo ancora che la mattina molto presto si preparava, indossava una tuta blu scura e, con un pentolino nel quale portava il suo pranzo, si avviava verso l’altoforno.
Era un lavoro duro e non schivo da pericoli il suo.
L’ingresso della grande acciaieria non distava molto dalla casa nella quale i nonni abitavano e in certe ore della giornata sciami di uomini camminavano chiacchierando, tutti uguali per strada, avviandosi ciondolando, per l’inizio del turno.
A me bambina, che li osservavo dalla finestra, quest’onda blu che passava per strada mi sembrava un fiume, tranquillo, che defluiva anziché verso il mare, all’interno del paese. Non mi rendevo conto del sacrificio e a volte delle sofferenze che si nascondevano negli animi di quegli uomini, ma ero ancora piccola per pormi domande così; a me sembrava solo un curioso corteo quello che giornalmente scivolava sotto la finestra.
Quando arrivò il momento della pensione del nonno per me fu una vera gioia: sapevo che avrebbe potuto dedicarmi molto più tempo e questo mi incuriosiva facendomi fantasticare su tutto ciò che avremmo potuto fare insieme da quel momento in poi.


2 commenti:


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    1. Sì mi piace scrivere ma senza impegno e con i miei tempi. Ti ringrazio.

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